

BASI FISICHE
(Prof. Sergio Morosi-Docente di Fisica II, Facoltà di Ingegneria-Dipartimento di Elettronica Università di Pavia)
Premesse:
La penetrazione dell’onda elettromagnetica a 13,56 MHz nei tessuti è di 19,2 cm.: una misura che permette di trattare tumori profondi anche in pazienti con spessore corporeo elevato. Infatti, con l’applicazione di due elettrodi contrapposti, uno sotto al paziente e l’altro sopra, si ottiene una distanza di 19,2x2 = 38,4 cm.
La radiazione elettromagnetica alla frequenza 13,56 MHz non è ionizzante, cioè non appartiene alla banda di radiazione che può provocare danni ai tessuti con mutazioni genetiche solo in ragione della frequenza. Inoltre, si precisa che la geometria simmetrica degli elettrodi del sistema capacitivo non ha nulla a che fare con la necessità di schermatura delle pareti: non è dannosa la geometria del sistema ma la sua frequenza.
L’adozione del sistema capacitivo a elettrodi contrapposti come le armature di un condensatore consente di modulare la forma e la posizione del “fuoco di energia”, ossia della zona nella quale si realizza il massimo riscaldamento dovuto alla concentrazione della radiazione passante.
Due elettrodi di pari dimensioni di Ø26 cm realizzano una zona riscaldata perfettamente simmetrica con una forma a “clessidra ampia”, cioè con la zona centrale non sottile ma soltanto leggermente più stretta delle basi costituite dagli elettrodi. In questa zona si trova il fuoco d’energia a distanza media dagli elettrodi: si può trattare così un tumore solido che si trovi nel torace o nell’addome, in posizione centrale come profondità nel corpo del paziente.
Se la dimensione dell’elettrodo sottostante è maggiore di quella dell’elettrodo soprastante si ha uno spostamento verso l’alto del fuoco d’energia che può essere portato, variando opportunamente il diametro dell’elettrodo superiore, fino a livello della cute del petto o del ventre.
Se l’elettrodo inferiore ha diametro minore del diametro di quello superiore, lo spostamento del fuoco d’energia è verso il basso, ossia verso la schiena del paziente: il procedimento è duale rispetto a quello precedente.
Come si può capire, le varie combinazioni dei diametri degli elettrodi consentono di ottenere una grande precisione nel colpire la zona da trattare con il calore. Il paziente non corre alcun “rischio elettrico” o di ustioni alla cute dovute al surriscaldamento delle piastre, che costituiscono gli elettrodi nel sistema capacitivo di Synchrotherm® RF, in quanto un perfetto sistema di refrigerazione a circolazione chiusa di liquido refrigerante in serpentine contenute in apposite sacche applicate alle piastre ed appoggiate alla cute del paziente consente di raggiungere la potenza desiderata senza che il paziente stesso avverta bruciore cutaneo. La temperatura del liquido circolante può essere adattata alla potenza del trattamento in corso ed alla “soglia di disagio” del paziente, per far si che il trattamento raggiunga la massima efficacia senza causare sofferenza alcuna al paziente.
Le potenze erogabili vanno fino a 600 Watt in regime “continuo” e fino a 1.000 Watt in regime “pulsato” con la possibilità di combinare i due regimi, a seconda del trattamento.
Il trattamento ipertermico con la macchina SYNCHROTHERM® RF è mirato: si riscalda la zona da trattare a 43° C per distruggere soltanto le cellule tumorali che hanno una vascolarizzazione a endotelio monostratificata, ossia con vasi non elastici, imprigionano il calore che viene loro fornito dalla radiazione con un aumento della temperatura fino all’apoptosi.
Le cellule sane, al contrario, sono dotate di vascolarizzazione elastica, riescono ad attuare un’efficiente “wash out” del calore in eccesso e mantengono una temperatura accettabile, anche se leggermente superiore ai 37°C fisiologici. Raggiungono di fatto i 38-39°C, risentendo così di una “febbre artificiale” che, lungi dall’essere dannosa, è molto utile come mezzo stimolante il sistema immunitario.
CALORE E TEMPI:
Prendiamo in considerazione una massa tumorale di 0,1 Kg. I tessuti del corpo umano hanno una densità che con ottima approssimazione può essere assimilata a quella dell’acqua, ossia:
3 3
δ = 1 gr/cm. = 1 kg./dm.
Tenuto conto di ciò la massa tumorale suddetta, che ipotizziamo per semplicità, di forma sferica occupa il volume di una sfera di circa 6 cm. di diametro.
Scaldando la massa tumorale a 43°C, a partire dai 37°C fisiologici, si fa compiere alla massa tumorale un salto termico di
6°C ≡ 6° K.
Il calore assorbito dalla massa tumorale perché si realizzi il salto termico ΔT = 6° K è dato dalla semplice formula calorimetrica:
Q = c m ΔT
in cui c rappresenta il calore specifico, che per l’acqua è 1 Kcal/Kg., m è la massa in Kg. e ΔT è come già detto il salto termico.
Q = 1 x 0,1 x 6 = 0,6 Kcal.
Come si può vedere si tratta di un quantità di calore veramente esigua, che la macchina Synchrotherm funzionando, per esempio, alla potenza di 300 Watt, può erogare in poco meno di 10 secondi.
Ma: una cosa è l’erogazione da parte dell’apparecchiatura, un’altra l’assorbimento da parte del tessuto tumorale che si vuole riscaldare fino a 43°C.
Mentre l’erogazione da macchinario terapeutico è un evento puramente tecnico, l’assorbimento del calore da parte dei tessuti nei viventi è un fatto che coinvolge più elementi biologici, o se vogliamo anche fisiologici, e si realizza con una competizione tra questi elementi.
Da una parte, il calore tende ad essere smaltito con un meccanismo di “wash out” del torrente sanguigno, sia nei vasi dei tessuti sani che circondano la massa tumorale, sia nei vasi della rete vascolare della massa tumorale stessa.
Dall’altra, il calore tende ad essere imprigionato nel tessuto tumorale, data la scarsa elasticità dei vasi di tale tessuto. Si tenga presente il fatto che la rete vascolare dei tumori è costituita da vasi sanguigni a endotelio monostratificato, privo di fibre elastiche. Per questo motivo il calore fornito alla massa tumorale non viene smaltito rapidamente, con una pronta vasodilatazione, come nei tessuti sani.
Nella massa tumorale il calore tende a essere “imprigionato”. Questo termine va letto con giudizio: non si deve pensare a un immagazzinamento contemporaneo all’erogazione con il risultato di un riscaldamento istantaneo! L’assorbimento del calore da parte del tessuto tumorale, pur tenendo conto della scarsa elasticità dei suoi vasi sanguigni, richiede un certo tempo e, una volta raggiunta la temperatura terapeutica di 43°C, il calore deve essere somministrato al tessuto tumorale con continuità per mantenere nel tempo tale temperatura. Il “wash out termico”, sebbene meno efficiente di quello che avviene nei tessuti sani, funziona anche nel tessuto tumorale per difenderlo dall’aggressione termica che lo conduce alla morte per apoptosi delle cellule che lo compongono.
Quindi, riassumendo: la macchina SYNCHROTHERM® RF funzionando alla potenza di 300 Watt produce un gettito termico di 258 Kcal in 60 minuti.
Ciò corrisponde a 4,3 Kcal al minuto.
Una piccola frazione di queste 4,3 Kcal va a costituire le 0,6 Kcal necessarie per far raggiungere alla massa tumorale la temperatura di 43°C, mentre gran parte di esse viene smaltita verso altri tessuti, o contrastata in prossimità degli elettrodi a contatto con la cute dal sistema di raffreddamento che deve impedire il verificarsi di dolorose scottature.
Il paziente è pervaso da una sensazione di calore diffuso in tutto il corpo ed è soggetto a una “febbre artificiale” di 38,5°C - 39°C che è tutt’altro che dannosa.
Tale “febbre tecnologica” funziona egregiamente da stimolatore del sistema immunitario: un vantaggio non indifferente per il successo della terapia.
Quindi, consideriamo con cautela il “piccolo” ammontare di 0,6 Kcal necessarie per far raggiungere alla massa tumorale la temperatura di 43°C: questo piccolo valore va fornito attraverso un ammontare molto superiore di calore, che va mantenuto con continuità per garantire la permanenza dei tessuti tumorali al livello di temperatura terapeutica.